"Dalla Sicilia a Cadice, mare azzurro di miti,
sempre e oscuro toro dei sogni, il rapitore senza età innamorato, uomo e Dio insieme,
amore e enigma, come in questa scrittura, neri segni a grandi colpi d'ala, che si spande in un canto vigoroso."
R. Alberti
"È un discorso coerente questo di Pandolfini,
con tutte le asprezze in primo piano e le contraddizioni anche, si che
risulterà evidente l'impegno e la serietà della ricerca proprio là
dove questo impegno è decisamente dichiarato, senza mezzi termini o
strozzature."
V. APULEO
"È un disegnatore siciliano di rara forza
espressiva che non acconsente ad alcun compromesso con i vari stilismi e
formalismi di cui spesso si compiace la pittura moderna."
G. BALDACCI
Una impostazione figurale sintetica e robusta
-più forte ed intensa nei tori- ci dice che le critiche e i
suggerimenti che gli demmo all'inizio del suo lavoro sono stati compresi
assimilati e tanto approfonditi pittoricamente da restituire
puntualmente, ora, l'immagine del suo temperamento inquieto, umbratile,
e schivo, ma ormai fuori dal ripiegamento in se stesso, dal
compiacimento diaristico, dal crepuscolarismo pittorico della sua fase
iniziale.
M.P. BASILE
In un triangolo che ha per vertici un toro,
una femmina ed un cavallo lievita la ribollente fantasia di Emanuele
Pandolfini, pittore e scultore quanto mai dotato, polemico fino
all'esasperazione, ma soprattutto di esemplare modestia, mai soddisfatto
di approfondire ricerche, d'estrose interpretazioni cui dà vita a ritmo
davvero intenso. In definitiva con i suoi tori scattanti nello spasimo
di incornare più le idee che uomini o cose, con i suoi cavalli composti
in araldiche sequenze, con gli scavati e vibratili volti delle sue
femmine, Pandolfini tiene viva una dialettica che investe vaste zone di
critica del costume, una critica esercitata attraverso la lente d'una
estrema probità, di puntiglioso rigore obiettivo: da ciò deriva la
drammaticità delle sue composizioni, invigorite da un segno scorrevole,
incisivo e scaltrito per lunga consuetudine di lavoro.
Il modo con cui " attacca " la creta imprime alla materia un
crisma di alta poetica che trova gli accenti più acuti in una espansa
orchestrazione, articolata su sottofondi contestativi, sonori per
ribellione di voci, per scansioni psicologiche, per un allucinato
incalzare di pieni e vuoti, probanti nel sottolineare i substrati
ideologici dell'autore. L'inclinazione nativa a far muovere animali ed
uomini con le improvvisazioni caratteristiche del puparo, patina di
sottile satira tutta la sua fatica che non conosce limitatezze anche
quando fissa agghiaccianti atteggiamenti (si noti la desolazione della
grande figura di fanciulla tutta espressa dalle mani abbandonate per una
stanchezza più antica del mondo) - o progressioni nella suspense
erotica dei suoi tori in perenne metamorfosi; quella proprio che li
inserisce in concettuose astrazioni.
Non c'è certo " grana grossa " nell'arte di Pandolfini, bensì
un continuo riferimento a finezze di linguaggio pittorico, (più di
umore che intellettualistiche), corroborato da un continuo divenire,
bloccato da grafie squillanti al pari d'una sezione di ottoni nella
poliritmia delle sue ultime punte secche.
A. BATTISTINI
In questa linea di moderato modernismo, privo di
orpelli letterari e di abili inganni, Pandolfini ha affrontato anche la
pittura sacra, cogliendo nelle immagini una ieraticità sottile che,
accostata ad una forma espressionisticamente concepita, ha risolto, con
successo, un altro difficile problema dell'arte contemporanea;
l'esistenza di una vera arte sacra.
P.S. BERNI
Pandolfini è uno di quei siciliani, di tipo
Rizzo, Migneco, e poniamo anche Guttuso che pure praticando un'arte
attualissima sentono risalire in se, per tramite segreto, gli spiriti
arcaici di una civiltà diventata leggenda. Osservate del Pandolfini il
suo dipinto " Il ratto d'Europa " con quella figura reale e
irreale stesa sul dorso del toro che poggia il muso a terra. Il
linguaggio di Guernica dell'opera è puramente occasionale, perché, a
parte il fatto che Picasso si rifà anche lui a certa pittura vascolare,
il carattere mitico del Pandolfini non è né culturale né riflesso.
Anche il suo cromatismo, esempio d'un nero contro un rosso avvampante è
quasi di portata allegorica. Con ciò non si esclude un naturalismo
Pandolfiniano; ma è così personale, così prontamente immesso in un
cursus stilistico che non si lascia quasi più riconoscere come tale.
M. BIANCALE
La sua arte violenta, panteista (come si governa
peraltro con segreto rigore cosi come le protogotiche sculture del
" Portail Royal " di Chartres o le litografie del Daumier o le
invenzioni cubiste). La sua arte dalla veemenza drammatica che
trasfigura il reale senza invocare astrazioni; la sua pittura icastica
che si trasfigura fino a invocazioni espressionistiche, obbedisce alla
sensazione che è poi genialissima intuizione. Egli ha liberato latenti
forze oscure, millenarie dell'anima sicula e, con essa, tenta la sua
sorte disperata e beffarda come l'unico mezzo eletto quasi fatalmente
della sua anima morbosa e ardita.
B. BIGI
"Pandolfini ha scoperto che i veri amanti
segreti delle donne meridionali sono i gatti. Tale scoperta non si deve
iscrivere nel quadro di una descrittiva e scontrosa mitografia da
"Metamorfosi" ovidiana. Potrebbe semmai offrirsi per una
postilla al Lawrence viaggiatore nel Sud stregonico"... ...Ma, come
dicevamo, dove l'ipotesi stregonica si fa più sagace, e più
significativo il linguaggio pittorico, è nella rappresentazione di
queste creature femminili, dai menti aguzzi, scavate, trasognate o
ardenti, fosche di orgogli sconfitti, che hanno, o sono avute da un
gatto e lo mostrano, vorremmo dire, lo confessano, abbracciandolo con
furore, tenendolo sul braccio con dignità come un falcone reale o uno
stemma, o brandendolo maternamente rimuginano antichi disinganni".
VITTORIO BODINI, 1969
In questo artista il linguaggio è sottoposto
all'analisi di una dialettica di carattere psicologico che è continuo
fra la forma espressa come disegno e l'accento del colore che dà un
carattere drammatico e di virulenza all'espressione stessa. Nei disegni
egli si libera di quel travaglio psicologico e il suo segno diventa più
discorsivo nelle figurazioni rese come appunti di una cronaca più
sciolta e più vivace nei suoi caratteri.
A. BOVI
Rivedere Emanuele Pandolfini, dopo molti anni,
attraverso le sue opere, è come un tuffo nel passato. Immutata è
rimasta la sua vena di sincera poesia, anche se il suo discorso si è
fatto oggi più maturo, robusto e autorevole.
Immutato è rimasto il suo amore per la natura, e immutato il suo canto,
ora sofferto, ora vivace, perché animato da una fiducia che trova
origine nella sua forza creatrice senza finzioni e senza compromessi.
Nell'aria romana che mostra di aver respirato profondamente, Pandolfini
ha trovato la via giusta, sulla quale si è incamminato senza guardarsi
indietro ma ritenendo tuttavia il passato come un punto da tenere sempre
presente per il raggiungimento dei più felici e sicuri traguardi.
S. BRANCATI
Mai, come da quando conosco Pandolfini, son
persuaso di dover entrare nell'humus del pittore per poterne conoscere
meglio la pittura. E Pandolfini non è un tipo facile, cosi come la sua
pittura non è facile. Se fosse surrealista, semmai avesse subìto il
fascino di Breton o di Fabrizio Clerici o di Minassian, potremmo
tranquillamente dire che il suo è un genere freudiano riveniente dal
sub conscio e dal sogno. Un sogno lungo tormentato sospeso fra l'essere
e il divenire. Ma non è così, Pandolfini ha diverse origini.
Fors'anche frammentarie per quel tanto di Picassiano che gratta gratta (ciò
non gli farà forse piacere) inconsciamente c'è, perché c'è in ogni
sua composizione? - Chissà.
Ma potrebbe essere una fatto di cultura, di sedimentazioni quasi
nostalgiche, intellettualizzate. Troppo cervello, insomma ma tanta tanta
serietà nei suoi dipinti. Il suo disegno, la grafia marcata, precisa
senza alcuna concessione al vago o al superfluo. Tutto nel dipinto di
Pandolfini è costretto all'essenziale, al puro artistico. Diversamente
non si spiegherebbero i consensi collezionati da autorevoli fonti, né
si capirebbero i successi ottenuti in così breve volger di tempo.
M.CALABRESE
"osservando con rabbia, con dolcezza,
con furore o passione, un pittore come Pandolfini lascia una traccia di
sé, l'orma del suo passaggio sulla terra."
BRUNO CARUSO
L'autorità di Pandolfini sta proprio nell'aver
superato il punto morto di una tematica di memoria espressionistica,
dando tutto il peso che le compete alla -maniera visibile- dell'invenzione e del sentimento.
Non c'è dubbio che egli possegga una chiara ricchezza interiore.
R. CIVELLO
Ha continuato a lavorare sodo con la tenacia degli
anni oscuri, attento ad aggiornarsi con il gusto, ma senza arrivismo,
senza salti nel buio, attaccato sempre al suo mondo interiore, a scavare
dentro se stesso. Fra la produzione di Palermo e quella odierna non c'è
alcuna frattura, ma approfondimento, elaborazione più consapevole della
materia a contatto della giovane scuola romana orientata negli elementi
migliori, verso l'espressionismo a cui egli si era già accostato per
istinto prima di abbandonare la Sicilia. Ha dipinto in questi mesi
alcune nature morte che segnano un progresso rispetto al passato, con
una assimilazione più scaltrita di Rouault e di Matisse nell'uso del
nero, nell'accentuazione dei volumi, nel risalto energico dei toni
chiari che staccano gli oggetti con qualche involontario ricordo dei
mostri fiamminghi che operarono a Palermo.
C'è un pò Sironi, ma c'è lui soprattutto con la poesia della
solitudine e della disperazione che affiorano dai giorni della sua
prigionia fra le squallide mura di un ospedale. Ci sono poi i paesaggi
con i tori, il motivo della fuga che può essere assunto a simbolo del
suo destino di uomo e di artista.
G. ETNA, 1962
Qualche cosa di allucinante, quasi di goiano,
irrompe da questi inchiostri, disegni, che interessano sempre per lo
svolgimento rapido, incalzante, drammatico, per l'ansia e quasi la
violenza dell'espressione. Un genere nuovo, questo di Pandolfini,
generoso, e irruente, che si conduce per vie inusitate, più aderenti
allo spirito moderno fatto di ribellione e di conquista.
M.N. FERRARA
Le opere riprodotte danno un esempio della carica
incisiva e violentemente drammatica che il suo disegno raggiunge. Eppure
il sapore del drammatico non si distingue mai da una consapevole ironia,
l'opera del nostro artista si bilancia su questi due aspetti facendo di
entrambi un fattore di penetrazione, di denuncia del reale.
L.P. FINIZIO
"È una cosa bellissima trovare un vero
artista come Pandolfini, che devo dire sono felice di conoscere. La mia
speranza adesso è che la stessa felicità l'abbia lui nell'aver
conosciuto 'il compaesano' ammiratore."
S. FIUME
"Il suo segno è una vena che irrompe sul
foglio a cercare l'essenzialità e la suggestione della forma: fa
grumi; si spande, intiepidendosi. Ma è un segno acuto, rapido, che
corre un impulso dietro un gesto; senza pentimento. Un segno pulito,
leale; scoperto nella sua tenerezza poetica: talvolta amaro,
puntiglioso, spregiudicato."
C. GIACOMOZZI
"Dall'ombra escono i volti delle genti a offrirsi
come immagini nuove d'una terra bruciata: ma meglio le sue figurazioni
più acutamente calcificate dei " Tori " colti nei loro
momenti d'impeto, nel loro svolgersi da masse inquietanti a oggetti,
animali in sviluppo quasi realistico, plasticamente inteso nella sua
fase positiva."
R. GIANI
"Pandolfini occupa, come si è accennato,
un posto non solo di primo piano, ma anche di chiara originalità, anche
nell'ambito della pittura odierna di tendenza
espressionistico-figurativa. Nel tempo in cui anche il ritorno al
figurativo (attraverso la cosiddetta Nuova Figurazione) significa un
accentuarsi della perdita di significazione del valore attraverso l'immagine,
la quale diventa solo il tramite di non essenziali valori periferici e
fenomenologici dell'esistere, Pandolfini opera un resistente e talora
accanito recupero dal profondo della integrità dell'immagine figurale,
come rispondenza dell'offerta degli oggetti del mondo in cui viviamo, e
una nostra presa di coscienza in questo incontro con il mondo,
attraverso la reminiscenza di una idealità mitica. Ma Pandolfini va
ancora avanti, sulla strada della personalizzazione della propria
visione del mondo. Egli cioè, come ogni grande artista che gli
rassomigli, ha lavorato - durante gli anni della sua intensa ed attiva
produzione - a tipizzare e rendere riconoscibile attraverso il
linguaggio dei sensi (il più puro, sempre, nelle arti figurative) le
figurazioni del suo mondo di Poeta e di artista.
Qui, in questi quadri, antichissimi e vigorosi tori si affrontano,
oppongono la violenza del loro istinto liberatorio alla costrizione
delle loro corna, simboleggiano gli Umani. Paurose nubi li corteggiano.
E paesaggi deserti. O il Maestro-pittore, chino obliquamente sul foglio
da tracciare, esegue con dignità l'operazione artistica; Saggio-anziano
e vigoroso nei tratti del volto e del corpo, rinnova un'adesione
intellettuale e partecipe al mondo etico dell'impegno cosciente e della
programmazione. O il Pittore affronta la modella, dea nella solitudine
nel suo obbligo di " posa ", di fronte impertubabilità
dell'uomo alle lusinghe del sesso."
S. GIANNATTASIO
"Crediamo di ravvisare un 'Ratto d'Europa'
in un complesso viluppo di membra femminili e taurine che si
avvinghiano sul filo di un mare verdastro in uno sfondo di cielo in
tempesta; più oltre un minotauro rosso fugge inseguito da un bovino
verde azzurro. Ma Pandolfini è attratto dal selvaggio che è in ogni
animale, uomo compreso: felini magri e arrabbiati ringhianti come
diavoli o sfoderanti le unghia in rivolta contro le carezze di una
fanciulla, galli in battaglia con gli artigli spiegati, uomini animati
da un impulso panico. Così gli antichi miti rivivono nella pittura di Pandolfini sotto forma di moderate allucinazioni."
F. GRASSO
"È un artista siciliano che drammatizza e deforma
le cose del mondo - oggetti, animali, uomini e donne - per farli
diventare simboli dell'animo inquieto, per caricarle di un pathos che il
gusto di conoscenza risolva di colpo in interpretazione, carattere
morale e stato di lirismo."
V. GUZZI
"Perciò i riferimenti culturali, vuoi di natura
pittorica, con riporti soprattutto picassiani, vuoi di natura
letteraria, con riferimenti più o meno palesi a Baudelaire a Poe e a
Garcia Lorca, sembrano perdere il loro peso nell'autenticità e
immediatezza del segno gesto, del segno movimento colore cui è affidata
la possibilità di esprimere il dramma della situazione umana delle sue
condizioni più ingenue e primitive."
A. IZZO
"È assolutamente certo che per Pandolfini
l'anima non esiste: tutto ciò che non si può vedere, toccare,
stringere, desiderare con tutta la propria intensità corporea non lo
riguarda; il mondo lo interessa e lo intriga solo in quanto concentrato
violento di odori, di sapori, di materia, di sesso, di accanito amore."
M.LUNETTA
"V'è un po' dell'ancestrale in questa iconografia
di Pandolfini, che mobilita i ricordi di un passato a lui remoto, e
comunque radicato nella memoria di una vita già prima vissuta; ma di un
ancestrale luminoso: magari per la dedica di un tempo lontano, di un
fuoco che vede ancora acceso, di un talento pilotato sulle ali del
pensiero che va, senza turbarsi, all'indietro, per poi rifuggire ed
incamminarsi in una coscienza nuova, ove gli ideali e i sogni sono
tutt'uno."
M. MAIORINO
"Pandolfini è uscito fuori da una ripetizione
meccanica di moduli ormai scontati, innestando nei suoi personaggi la
insolita forza vitale. L'immediatezza del tracciato concorre altresì a
delineare in un essenziale impianto anche le immagini che a prima vista
potrebbero apparire macabre."
F. MIELE
"Acceso di passioni virili e morali, rigoroso
fino allo sdegno, intriso di quella sorta di religiosità laica che
produce i moralisti, Pandolfini ha aperto un violento dialogo con il
costume dei suoi contemporanei. Questo pittore non viene a facili patti,
non abiura, non si placa; la sua gioia è la lotta fino all'estremo, la
sua forza è ravvivata dalla inquietudine del pensiero, è un
insubordinato pieno di rigore, un templario traboccante di entusiasmo."
U. MORETTI
"Ciò che da forza al suo discorso è la possibilità
di dissipare, con la drammatica tensione degli spazi e con la
suggestione delle immagini che si proiettano con uguale verità dinanzi
al pittore come all'osservatore, i riferimenti culturali che, se pur
presenti si assimilano con prontezza al linguaggio di Pandolfini
nell'atto stesso del suo farsi."
S. ORIENTI
"I tori, i galli, i gatti, le donne di
Pandolfini hanno raccolto nella vivacità cromatica, nel calore delle
movenze, nella plasticità di certi atteggiamenti una carica di vitalità
tale da sciogliere e neve e gelo dell'inverno pescolano. E questo calore
è stato recepito dai tanti che hanno visitato la mostra e da quanti
affascinati dalle opere hanno voluto portare nella loro casa un pezzo di
questo calore, di questa atmosfera unica e irripetibile nella quale come
per magia si sono trovati immersi."
A. PAOLINI
"Pandolfini è uno di quei temperamenti
melanconici e ardenti in cui rabbia e pietà si intridono fino
all'amalgama assoluto: si osservino certe sue figure muliebri, le sante
armate e le intellettuali chiuse nella corazza di un'inattaccabile
armonia, e per confronto le altre nude, languide, prostitute, sicure
della propria assistenza carnale."
G. PATTI
"Nuovo nelle sue rese di stile, certo, ma fedele ai risultati più <<
figurativi >> (delle immagini, intendiamo, e non delle
similitudini, delle analogie) delle sue ricerche. Non sfuggirà la
costante strutturale della sua composizione, la curva ellittica o il
cerchio in cui vengono a concludersi i suoi ritratti. Perché in
ritratti, in <<personaggi>> si estende l'ultima produzione
del pittore, anche nei tentativi drammatici o di racconto, quando più
figure escono dai loro curvi involucri a chiedere lo sguardo
dell'osservatore. Questa è ancora la solitudine, la malinconia popolare
del suo mondo statico, fermato da meraviglia o da tensione inerte:
l'urto fra l'uomo moderno razionale e l'insistenza del sogno, o meglio
il dialogo impossibile fra due opposte filosofie."
SALVATORE QUASIMODO, 1970
"Sono tutti disegni di notevole effetto, a vivi
contrasti di chiaroscuro in cui l'immagine si impone con vigore ed
efficacia.
Il Pandolfini è un siciliano, fatto di impulsi, di carica emotiva, di
entusiasmi e di ostinazioni."
C. REFICE
"Al posto del tradizionale spazio illustrativo,
Pandolfini ha sostituito una sorta di spazio-funzione che blocca e
sblocca le figure, le inguaina e insieme le libera in tante situazioni e
cose dell'esistere.
Dove ogni pennellata corrisponde a una misura, a un peso, a uno
spessore."
A. ROSSI
"ll carattere peculiare delle opere di Pandolfini, è una certa carica di
“sicilianita" (che non e la trascrizione di ambienti, piu o meno folclorici,
isolani quanto invece la solare violenza di native sensazioni), riscontrabile
sia nella forza del segno sui moduli di un "racconto" quasi sempre favolosamente realistico
sia nei modi quasi "cantabili" adoperati.
ln questo suo contesto, Pandolfini esprime oltre il dramma della vita, definirei pirandelliana, del sarcasmo e, più in alto, dell'ironia.
Questo duplice aspetto di oggettivo e realistico e di contestativo e libertario, non è elemento infician-
te l'unita dell`opera, nella quale, in forza di una simultanea virtù ispirativa,
la creazione coagula in se atti operativi inscindibili, senza mai cedere ne alla sola immagine veridica, ne alla pura attrazione fantastica e surreale.
ln questo difficile equilibrio sta il valore di un'arte che produce effetti originali sia
sul piano della qualita formale attraverso uno stile riconoscibile e inconfondibile, sia sul piano dei significati etici ed umani in un mondo, solo apparentemente, (ancora) innamorato del vero e della naturalezza ma in realtà sempre più sofisticato, aberrante e corrotto, raggirante persino in una sorta di autoironico compatimento, la perduta
naturalezza e l'antico e istintivo senso del Bello.
Ecco perche queste donne pandolfíniane, sconciate o enfaticamente imbellettate, persino caricaturate in atteggiamenti di gitane o di odalische, gessate in un caleidoscopio di orpelli barocchi e demodes, questi lacerti di vegetali sfrondati, queste animalesche contrazioni di tori rampanti occasionali in uno spazio qualsiasi, sono come irragionevoli presenze scaturite da un'ultima visualità di un mondo irragionevole, destinato alla pazzia o alla
morte; anche se nel cuore dell'artista possono sempre (ri-)vivere come
“memoria” ancestrale e pur deteriorata presenza di una fanciullesca visione del mondo.
Forse anche per questo spesso l'artista inserta azzurri di cielo
purissimo e verdi smeraldo di prati nel contesto del bianco-nero, quasi a
voler recuperare, oltre che a se stesso all'umanilà avvilita, la memoria (e la
speranza) di un ritorno al e di un recupero del Bello."
VINICIO SAVIANTONI, 1970
"Esaminando i suoi diversi saggi profani e
religiosi in pittura e in scultura non sarà difficile constatare che il
Pandolfini risalendo le radici della tradizione è pervenuto alla
manifestazione purissima del proprio spirito che gli consente di
adeguarsi al tempo in cui le correnti moderne (escluse quelle di estrema
avanguardia) hanno preso il sopravvento sulla voluta impronta d'uno
stile classico e neoclassico per pronunciare un linguaggio comprensibile
a tutti, che intende diffondere nelle nuove generazioni il gusto per il
bello e il buono in arte. Nell'apparente violenza del modellato, in
alcune opere di questo artista, si avverte la solidità dei suoi studi
preparatori durante i quali ha agito ispirandosi ai fenomeni naturali
prodotti da effetti di luce sulla materia elastica imponendosi di creare
un perfetto equilibrio tra i pieni e i vuoti onde conservare al
modellato l'evidenza delle linee e delle sagome al fine di non
accentuare le proporzioni, che debbono essere rispettate nell'intera
massa, ed i particolari degli elementi costruttivi curando in
particolare l'espressività del soggetto interpretandolo in modo da
stabilire l'armonia continuativa delle pose e dei gesti così come
praticarono i grandi maestri del Rinascimento."
P. SCARPA
"Artista di talento e di robusta tempra il quale
unisce alla notevole forza espressiva, sempre determinante nella
crudezza del poderoso realismo figurativo che caratterizza le sue opere,
un palpitante senso di vita e tanto impeto di passione."
V. SFORZA
"Si distingue, tuttavia, per una sorta di furore
tutto suo, per una carica di vitalità che lo porta oltre i limiti
formali che la scuola neorealistica spesso impone ai suoi seguaci come
dogmi quasi accademistici. Pandolfini parte dalla macchia, dalla
sensazione e poi analizza, ricostruisce, studia organizza la sua
materia. Ecco, allora, che i tori furenti, le femmine rapite dalla
bestia, le carcasse spolpate, si placano in composizioni artisticamente
valide, nelle quali colore e disegno sono assai equilibrati, condotti al
limite di quella furia prorompente che ha mosso in primis la mano del
pittore. Si giunge così ad atmosfere nelle quali può sorgere il segno
pacato di una descrizione meno convulsa: è il caso come "modella
n. 19 " nel quale siamo di fronte ad un idillio alle soglie del
mito. Tra le cose migliori " toro n. 11" che è opera di
ininterrotta tensione figurativa e che nei verdi e rossi che
accompagnano le masse brune degli animali ha accenti espressionistici di
significazione immediata."
C. SEGALA
"Caratteristica prima di Emanuele Pandolfini è
una virilità potente e triste, che dal campo suo professionale di
scultore e pittore si estende spontaneamente all'interesse per qualunque
manifestazione significativa di umanità, nel pensiero e nell'azione,
pur ritornando sempre come " colomba dal disio chiamata " alla
contemplazione e alla comprensione artistica. Ed è forse qui, in
codesta veduta costante dell'arte immersa nella vita, e a tempo stesso
interpretazione e rivelazione della vita medesima, che va ricercata
l'origine del suo " gusto moderno " quel gusto moderno che lo
induce a respingere risolutamente ogni criterio di perfezione classica e
ogni artistico modello, per essere uomo del tempo suo e della sua Sicilia."
I.C. SESTI
"Hanno rilevato, anche nelle tue opere, lo
spiccato carattere autobiografico, la scomposizione nel tuo pensiero
dell'immagine e la ricomposizione della stessa sulla tela aliena di un
verismo stucchevole, ma piegata alla forza del tuo carattere e inzuppata
fino al collo dal senso del tuo umorismo che velato a volte di
melanconia appare come rassegnazione e, invece è un atto di ribellione
alla vita monotona di tutti i giorni."
C. SORESI
"Ed ecco che in rapida successione racconta la
donna allo specchio e quella onirica che riposa o passeggia sulla
battigia di una spiaggia surreale; la donna sguaiata, esagerata di
forme, divertente, procace, senz'anima."
A.SPADARO
"Una ricerca tra le più difficili quella che va
operando da diversi anni Emanuele Pandolfini. Segno di vitalità e di
impegno e soprattutto di intelligenza.
Pandolfini non guarda più alla solidità narrativa di Picasso (il primo
amore di tutti i giovani pittori), da quando la sua accesa immaginazione
ha riscoperto la sua terra d'origine. La Sicilia con i suoi rituali, la
sua civiltà contadina, ma in rapporto contestatario con la realtà di
oggi, con tutte le stratificazioni storiche e sociali che esso comporta."
N. TEBANO
"Il fauno, sia nella versione ironica, acre e
tutt'altro che sorridente, sia in quella più problematica in cui
diventa ritratto dell'uomo o immagine speculare attraverso il recupero
del mito classico, rinnovando l'autenticità dell'enigma e la presenza
dell'elemento diabolico, certo non costituisce un repertorio nuovo e con
ben altre capacità inventive, tragiche o ironiche, è già stato
utilizzato (e non pare certo inconscio " quel tanto di picassiano
" che c'è). Il mito classico è elemento di mediazione tra la
realtà e il sogno, traduzione in chiave psicologica dell'eterno
dissidio dell'uomo. Il toro, colto sempre in una vigorosa tensione,
pronto alla lotta, simboleggia una virile qualità di forza e di "
virtus " che il pittore ricerca nelle immagini più originarie
della mitologia classica. La trasfigurazione in pittura tenta di mediare
l'univocità del simbolo con una sfumatura malinconica, riportando il
simbolo stesso a continua occasione pittorica, sebbene però questa
trasformazione non riesca a superare i limiti di una tradizionale
narrazione di natura pittoricistica e di un'immagine abbastanza
prevedibile.
L'espressionismo, comunque, è il linguaggio più compiutamente scelto
dal pittore. I ritratti, sopratutto autoritratti, denotano una continua,
preoccupata attenzione del pittore a se stesso in quanto pittore, ed è
in questi termini che ama cogliersi spessissimo. C'è in Pandolfini una
volontà semplicistica di affrontare i più acquisiti temi dell'arte
contemporanea, di battere le vie più didascaliche del fare pittura, ed
il tentativo generico della citazione. Il passaggio dal ritratto
(espressionismo) alle immagini-memorie picassiane costituisce un
riassunto di alcuni grandi repertori linguistici recenti."
C. TERENZI
"Ugo Moretti, nella sua appassionata
presentazione, definisce Pandolfini un temperamento melanconico e
ardente. Ed è una definizione che si attaglia perfettamente a questo
espressionista, tormentato da un tarlo un po' demoniaco e, nello stesso
tempo, propenso all'elegia, al canto spiegato."
L. TRUCCHI
"La strada decisa dall'artista è di giungere ad
effetti contrastanti ma rapportati; fare una pittura essenzialmente
concettuale tramite l'uso di pochi elementi come nel ciclo degli stati
d'animo, da " incubo " a " evocazione " e "
sensazione ".
Opere queste che estrinsecano nel modus illusorio un neo espressionismo
dai tratti e da pennellate corpose.
Scene istantanee di " catarsi " intime dell'uomo."
D.VALENTE
"Pandolfini appare solidamente legato agli
schemi di una cultura post-impressionista, non senza una intenzione
garbata e prudente di assaggi nella avanguardia storica. L'artista
raggiunge un lirismo che è pari alla sintesi."
M. VENTUROLI
"L'esperienza del dolore patito a lungo ma
non senza frutto, ha spinto Pandolfini a denunciare l'irriducibile
violenza di certe situazioni, nelle quali pare che una foga bestiale e
impietosa si accanisca inspiegabilmente."
L. VERZELLESI